Marie Claire Magazine , Maggio 2001

Donne Che Rischiano La Vita Per L'Educazione

In Afghanistan, membri di un' organizzazione segreta di donne rischiano la morte per dare ad altre donne un'educazione ed una speranza. Eve Ensler ha intrapreso un viaggio non privo di pericoli per raccontare la loro battaglia contro i Talebani - uno dei regimi piu' repressivi nella storia.





Eve Ensler visita una scuola gestita da RAWA.
Documentazione della Situazione

Freshta ha 26 anni, e' magra, pallida e spettrale. E' una reporter che viaggia attraverso l'Afghanistan rischiando la vita per documentare le atrocita' dei Talebani, il regime fondamentalista musulmano che controlla il suo paese natale.

"Di venerdi'" racconta Freshta "i Talebani chiudono i negozi e le strade di Kabul e obbligano tutti, bambini e ragazzi inclusi, ad andare allo stadio. Li' sono costretti a guardare mentre vengono tagliate le mani dei ladri che sono poi appesi agli alberi. Ma sono proprio i Talebani, che hanno ridotto ad una tale poverta' questa gente, che sono costretti a rubare. Ho visto donne uccise a sassate allo stadio per aver rifiutato di accettare matrimoni combinati. E i Talebani si permetteno di vendere popcorn davanti a questi spettacoli - le esecuzioni sono diventate spettacoli per bambini."

Racconta altre atrocita': una ragazzina di 6 anni e' stata bacchettata per avere avuto con se' dei libri scolastici in un luogo pubblico. Due cugini, un maschio ed una femmina, sono stati seppelliti vivi per aver parlato insieme al bazaar. I comandanti rapiscono e stuprano le ragazze. "Le ragazze non vogliono farsi intervistare perche' si vergognano" dice Freshta. "Io intervisto le loro madri, solite a dire: "Le nostre figlie per noi sono morte.""

Freshta mi dice che da quando e' diventata giornalista sviene in continuazione. Ma continuera' "fino a quando ho l'abilita' di pubblicare la scioccante situazione del mio popolo. Io spero di vivere per veder eliminati questi criminali."

L'attivita' di RAWA

Freshta fa del reportage per la newsletter del sito Web di RAWA, l'Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell'Afghanistan. Piu' di 2000 membri di questa rete clandestina provvedono a dare alloggio, educazione e servizi medici alle donne e ragazze afghane — tutto cio' sfidando i Talebani. Non potendo mostrare le loro facce nel proprio paese si costruiscono contatti internazionali attraverso il loro sito Web. Il mio primo contatto con loro e' via posta elettronica.

Dopo avermi fatto passare una serie di controlli di sicurezza, i leader di RAWA hanno concesso di mostrarmi le loro scuole ed orfanotrofi — e si sono offerti di procurarmi un passaggio fino all'interno dell'Afghanistan per testimoniare in prima persona la vita sotto i Talebani. Sono in viaggio con Willa Shalit, direttore di V-Day, un movimento globale per porre fine alla violenza contro le donne, e cosi' incominciamo il nostro viaggio in Pakistan, casa di 1.2 milioni di profughi sfuggiti dai Talebani.

In una citta' che sono d'accordo nel non nominare, un autista simpatizzante della missione di RAWA ci porta attraverso strade strette e pullulanti di immondizia finche' non raggiungiamo una casa anonima. Dietro una cancellata, fuori dalla vista della strada, una guardia armata con fucile fa' da sentinella. Ci fa entrare e troviamo delle aule pulite, ordinate e decorate con cuscini dai colori brillanti.



Bambini profughi frequentano classi miste in una scuola RAWA in Pakistan. Le scuole RAWA in Afghanistan sono solo per ragazze.

Cio' Che Impariamo

RAWA opera in una dozzina di scuole, come questa in Pakistan, alcune situate in campi profughi del deserto ed altre nelle case private dei membri di RAWA. Nello stesso Afghanistan, RAWA gestisce 65 scuole e 33 orfanatrofi, tutti segretamente collocati in case private. Le scuole del Pakistan devono affrontare vessazioni e raids da parte dei simpatizzanti dei Talebani, ma in Afghanistan sia gli studenti che gli insegnanti rishiano la morte. RAWA fa rotare le localita' in cui si trovano le scuole e limita la dimensione delle classi per evitare che siano scoperte.

Le donne che studiano nella scuola che ho visitato e profughi di ogni eta' mi raccontano a turno le loro storie. "Un membro dei Talebani mi ha colpito con un bastone perche' non portavo il burqa", dice Amanic una vedova di 48 anni riferendosi al lungo vestito Afghano che ha soltanto una piccola griglia per respirare e poter vedere. "Sono caduta a faccia in giu' su una pietra. Non e' possibile operarlo." Mi mostra il suo ginocchio, gonfio e deforme.

Poi parla Freshta. In seguito, una donna dice: "Vogliamo mostrarti una cosa. Un membro di RAWA ha fatto questo filmato di nascosto da sotto il velo." Porta una televisione ed un videoregistratore ed inserisce un nastro video.

Sullo schermo vediamo le immagini del racconto orripilante delle esecuzioni allo stadio. Nove Talebani arrivano allo stadio dentro un furgoncino Toyota aperto. Presto appare un altro furgoncino con tre donne coperte con il burqa. Un uomo legge brani del Korano con il microfono.

Una delle donne viene portata al centro dello stadio e buttata a terra. Un Talebano le punta la sua pistola alla testa e, senza esitazione, spara. Dalla folla arrivano grida e lamenti, ma la donna morta viene lasciata a terra come spazzatura. Qualcuno spegne la TV.



Meena

Una Leader Martire

La fondatrice di RAWA, poeta e attivista di nome Meena, aveva 20 anni quando nel 1977 formo' il gruppo con la speranza di ottenere uguali diritti per le donne afghane. A quel tempo, questa causa non era questione di vita o di morte: le donne si laureavano e lavoravono come medici, avvocati ed insegnanti. Se portavano il burqa era per una preferenza religiosa, non per ubbidire ad una legge nazionale.

Ma nel 1979 le truppe sovietiche invasero il paese a supporto del governo di regime communista allora al potere e i gruppi islamici e tribali conosciuti come jihadi facevano opposizione armata. RAWA protesto' pubblicamente, con uguale passione, in opposizione ai comunisti e al jihadi e Meena pago' questa opposizione con la vita. Nel 1987 fu uccisa nella sua casa di Quetta, in Pakistan, dal KGB afghano e dai suoi complici fondamentalisti. Dopo la sua morte i membri del RAWA operarono di nascosto, determinati a compiere cio' che aveva incominciato la loro leader.

Dall'assassinio di Meena, RAWA non ha piu' avuto un leader singolo — questo l'avrebbe resa troppo vulnerabile. Il gruppo viene diretto da un consiglio di 12 donne scelte a rotazione. (Gli uomini sostengono, proteggono, amano e sposano i membri di RAWA, ma non possono aderirvi.) Con la protezione di guardie del corpo il consiglio si riunisce ogni tre mesi, sia dentro che fuori l'Afghanistan. Alla fine di ogni incontro i membri decidono dove si riuniranno la volta successiva. I loro piani non vengono divulgato ad estranei.



Eve e la sua guida RAWA Uma, (sotto il burqa), nel deserto afghano.

Una Missione Pericolosa

In Pakistan incontriamo dei giornalisti in attesa da mesi di entrare in Afghanistan. Ma noi siamo molto fortunate. In una settimana, dopo un intervento straordinario per noi da parte dell'International Rescue Committee (Comitato Internazionale Soccorsi), ci procuriamo i visti necessari. Saremo scortate da Uma, una dolce donna di 20 anni che ha fatto finora una sola missione per RAWA in Afghanistan. Se ci venissero fatte delle domande noi siamo d'accordo di dire che siamo turiste e che Uma e' la nostra traduttrice. Per Uma e' necessario mettere il soffocante burqa. A Willa e me, in quanto straniere, viene permesso di coprirci con dei semplici foulard. Bloc-notes, macchine fotografiche e cellulari sono vietati, ma portiamo comunque i primi due. Un poliziotto pakistano armato viaggia con noi; quando gli ufficiali ai posti di blocco lungo la rotta attraverso le Himalaya sembrano volerci bloccare l'entrata, lui mostra il suo fucile di provenienza russa e cosi' ci lasciano passare.

Alla frontiera, comunqe, le guardie talebane ci obbligano a scendere dall'auto dicendo che non abbiamo il permesso giusto. Costrette ad abbandonare il nostro automezzo, attraversiamo la frontiera fino in Afghanistan, con il nostro bagaglio.

Noleggiamo un altro autista che ci carica in una station wagon decrepita e ci porta, attraverso un lungo tragitto nel deserto, fino ad una citta' dove ci troviamo un albergo. Come tutti gli alloggi pubblici, e' gestito dai Talebani — e a giudicare dall'urinale nel nostro bagno- forse siamo le prime donne ad alloggiare qui.

Uma ha organizzato un incontro segreto RAWA per la sera stessa. Ci copriamo con i burqa per dare meno nell'occhio e non essere seguite. Noi tre, coperte da chilometri di stoffa, ci schiacciamo in un piccolo taxi, una macchina da campo di golf glorificata. Quasi immediatamente il calore diventa intollerabile e fatico a respirare. Cerco di essere coraggiosa, ma e' inutile. Non resisterei un giorno solo sotto i Talebani.

Prendiamo una strada tortuosa verso una scuola RAWA, una casa non distinguibile dalle altre povere abitazioni che la circondano. Una giovane insegnante mi racconta che qui sono attivate 35 classi in cui si insegnano scienze, matematica e letteratura. La percentuale di alfabetizzazione fra le donne afghane e' ora del 4%, inoltre mi dice anche che senza educazione non c'e' speranza di far crescere una generazione forte abbastanza da controbbattere i Talebani.

"Gli studenti arrivano ad ore diverse, uno alla volta" racconta l'insegnante. "Se qualcuno bussa alla porta, nascondiamo le lavagne. Gli studenti sono molto interessati alla scuola. La maggior parte non sa che cosa e' RAWA — ma sa che se i Talebani li scoprono ad imparare, potrebbero morire."

Intervisto delle donne e scrivo per alcune ore in una stanza illuminata soltanto da una piccola torcia tascabile — i Talebani hanno tolto l'elettricita' alla citta'. Ci dicono che dobbiamo andare: se dovessimo rimanere in giro dopo il coprifuoco delle 9 di sera potrebbero esserci dei problemi. Le donne ci stringono a se' e ci baciano, ancora e ancora. Ci pregano di raccontare le loro storie al mondo, ma non hanno pieta' per se stesse.

Faccia a Faccia con i Talebani

Passiamo una settimana in Afghanistan, con un solo momento di gioia. Avevo sentito dire che i Talebani picchiano le donne che mangiano il gelato in pubblico. Per qualche ragione questo pensiero mi assilla. Allora, quando Uma ci racconta di un posto segreto che lei conosce dove le donne vanno a mangiare il gelato, non posso resistere.

Ci incamminiamo attraverso il bazaar affollato fino ad un ristorante trasandato. Nel retro pendono dal soffitto delle lenzuola in modo da creare una stanza alla buona. Willa, Uma ed io entriamo e ci sediamo e le lenzuola vengono tirate tutt'attorno a noi.

Quando Uma alza il suo burqa e mangia il gelato fresco e dolce, diventa una bambina —come quando, prima che le donne fossero incarcerate senza ne' scuola ne' lavoro, potevano ridere e vedere il cielo. Per un momento, nessuno la controlla piu'. Poi ci avvisano che dei Talebani stanno girando al bazaar con dei furgoncini. Il momento di gioia e' passato.

Una parte di me ha paura di non uscire piu' dall'Afghanistan. E infatti, mentre siamo in viaggio verso il Pakistan alcuni giorni dopo, la nostra auto viene fermata da un membro del temuto Dipartimento per la Promozione della Virtu' e la Prevenzione dei Vizi (DPVPV). E' enorme, infuriato, un amasso di capelli lunghi e barba sporca. Vede che sono coperta ma che non porto il burqa e mi ordina di scendere dalla macchina. Stringe un bastone di legno attaccato al quale c'e' una lunga, piatta e larga frusta di cuoio usata per frustare. Ricordo le caviglie blu e nere delle donne che ho incontrato alla prima scuola RAWA e il modo in cui camminavano a fatica.

Lo guardo. Mi guarda. Ad un tratto il nostro autista salta fuori dalla macchina, isterico, mostrando al signore talebano ogni sorta di visto e dando spiegazioni con il risultato che ci lascia andare.

Un minuto dopo esserci allontanati dalla sua vista, il nostro autista incomincia a ridere come un matto, come potrebbe farlo solo chi ha visto la morte in faccia. Uma confessa che e' la prima volta che ha visto un membro della DPVPV in carne ed ossa — ha fatto si' che lo sforzo fosse diventato piu' reale per lei. Ma Willa non parla, e' molto sommessa. Tiene la stoffa sulla faccia per molto tempo anche quando ci incamminiamo attraverso la frontiera fino al Pakistan.

Che cosa Puoi Fare

Per informazioni su come aiutare la causa RAWA, visita il sito web: http://www.rawa.org/.




Fotografie di Willa Shalit

Da: http://homearts.com/mc/articles/51rawa11.htm





[Home] [RAWA in Media]