Dsette.it, 17-03-2004



Afghanistan: In aumento i suicidi di ragazze

Con l'intervento armato statunitense il fondamentalismo religioso, la maggior causa della povertà delle donne afgane, non è stato rimosso. Per le afgane le condizioni di vita non sono migliorate, anzi, risultano in aumento i casi di ragazze che scelgono di suicidarsi. Lo rivela Shaima Saeed, un'attivista di RAWA intervistata da Alessandra Garusi.


Quali sono le condizioni delle donne in Afghanistan? Quante di loro ancora portano il burqa? Subiscono forme di violenza?

Le potrei rispondere citando l'intervista rilasciata il 12 febbraio 2004 da una nostra rappresentante, Mariam Rawi, al Guardian: "La situazione delle donne in Afghanistan resta terrificante. Malgrado le ragazze e le donne a Kabul, e in qualche altra città, siano libere di andare a scuola e di lavorare, nella maggior parte del paese questo non avviene. Nella provincia orientale di Herat, il "signore della guerra" Ismail Khan impone del decreti che ricordano quelli dei Talibani. Molte donne non hanno accesso all'educazione ed è vietato loro lavorare per Ong straniere o per le Nazioni Unite; anche negli uffici governativi è quasi impossibile trovare impiegate delle donne. Non possono prendere un taxi o farsi una passeggiata, a meno che non siano accompagnate da un proprio parente uomo. Se viste in compagnia di uomini che non appartengono alla loro famiglia allargata, possono essere arrestate dalla "polizia speciale" e costrette a sottoporsi a una visita medica in ospedale, volte ad accertare se di recente hanno avuto rapporti sessuali. A causa di questa continua oppressione, ogni mese molte ragazze si suicidano (più di quante lo facessero sotto il regime dei Talebani).

I diritti delle donne non vengono maggiormente rispettati nel nord e nel sud dell'Afghanistan, che sono sotto il controllo dell'Alleanza del Nord. Un responsabile di un'Ong internazionale ha dichiarato ad Amnesty International: "Durante l'era talebana, se una donna andava al mercato mostrando le caviglie, veniva frustata; se lo fa oggi, la stuprano".

All'analisi di Mariam Rawi, Lei che cosa si sente di aggiungere?

Richiamerei l'attenzione su questo fatto: nemmeno a Kabul, dove sono presenti migliaia di soldati stranieri, le donne afgane non si sentono sicure, e molte di loro continuano a portare il burqa. Come protezione. In alcune altre aree del paese, poi, l'educazione femminile non esiste proprio; i genitori hanno paura a mandare le figlie a scuola. I sequestri sono all'ordine del giorno; secondo Human Rights Watch, anche gli stupri dei bambini/e sono diffusissimi.

In tutto questo, qual è la posizione del governo Karzai?

Malgrado la retorica, il governo Karzai persegue attivamente politiche che sono contro le donne. Esse hanno enormi difficoltà nel trovare un lavoro; a scuola non hanno né libri per studiare, né sedie su cui sedere.

Non esistono leggi che proteggano le donne; il vecchio sistema normativo addirittura impedisce loro di ricevere aiuto, quando ne hanno bisogno. Alle cantanti donne è vietato apparire in tv, e le canzoni con voci femminili non vengono trasmesse; nei film, le scene dove le donne appaiono senza hijab (velo, ndr) vengono censurate.

Eppure questo esecutivo ha ideato un ministero delle Donne?

Lo ha fatto, è vero. Ma è un'abile mossa per gettare polvere negli occhi della comunità internazionale, insomma per confondere. In realtà, questo ministero non ha fatto nulla per le donne.

Ci sono già state rimostranze per il fatto che i soldi di Ong internazionali, affidati a questo ministero, sarebbero finiti nelle tasche dei potenti signori della guerra del gabinetto di Karzai.

Che ruolo hanno avuto (e continuano ad avere) gli Stati Uniti sullo scacchiere afgano?

La "guerra al terrore" ha rovesciato il regime talebano, ma non ha rimosso il fondamentalismo religioso, che resta la maggior causa della povertà delle donne afgane. Infatti, riportando al potere i signori della guerra, gli Stati Uniti hanno sostituito un regime fondamentalista misogino con un altro.

Va inoltre ricordato che gli Stati Uniti non si sono mai battuti contro i Talibani per salvare le donne afgane. Nel 2000 l'Amministrazione americana diede ai Talebani 43 milioni di dollari come ricompensa per aver ridotto le coltivazioni di oppio.

Ora gli Stati Uniti sostengono l'Alleanza del Nord, che è responsabile dell'uccisione di oltre 50mila civili durante il loro sanguinoso governo degli anni 90. Coloro che siedono oggi nella stanza dei bottoni - uomini come Karim Khalili, Rabbani, Sayyaf, Fahim, Yunus Qanooni, Mohaqiq e Abdullah - sono gli stessi che imposero restrizioni alle donne, appena presero il potere nel '92, e instaurarono un regno del terrore in tutto il paese. Migliaia di donne e ragazze furono sistematicamente stuprate da criminali armati, e molte si tolsero la vita per sfuggire alle violenze sessuali.

Oltre alla questione femminile, quali sono i nodi da sciogliere?

Effettivamente, la mancanza di diritti delle donne non è il solo problema che l'Afghanistan deve affrontare oggi. Né le coltivazioni di oppio, né il dominio dei signori della guerra, né il terrorismo sono stati sradicati. Non c'è pace, tranquillità o sicurezza.

Il presidente Karzai è prigioniero del suo stesso esecutivo, il capo nominale di un regime nel quale gli ex comandanti dell'Alleanza del Nord detengono il potere reale. In un clima di questo tipo, i risultati delle prossime elezioni di giugno possono essere facilmente previsti: l'Alleanza del Nord ruberà nuovamente la maggioranza per dare legittimità al proprio governo sanguinario.

Nel novembre 2001 Colin Powell, il segretario di Stato americano, aveva dichiarato: "I diritti delle donne in Afghanistan non sono negoziabili". Che ne è stato di quella promessa d'impegno?

Le donne dell'Afghanistan hanno avvertito tutta l'ipocrisia di tali dichiarazioni da parte di leader americani e inglesi: sappiamo che hanno già negoziato i diritti delle donne in Afghanistan, imponendo i più pericolosi signori della guerra sulla gente. I bei discorsi sono fatti per opportunismo politico, piuttosto che per genuina preoccupazione.

Dal 1992 al 2001 le donne afgane sono state trattate come bestie da macello da tutti i tipi di fondamentalisti, da quelli della jihad ai Talebani. Alcuni scrittori occidentali hanno tentato di suggerire che tale oppressione ha le sue radici nelle tradizioni afgane ed è irrispettoso della "differenza culturale" criticarla.

Ciò nonostante le donne afgane non sono vittime silenziose. La resistenza esiste...

Sì, ma bisogna cercarla. Come qualsiasi gruppo antifondamentalista, dobbiamo continuare a lavorare in semiclandestinità. RAWA, che era stata messa fuori legge sotto i Talebani, tuttora non può aprire i suoi uffici a Kabul. Tuttora non può distribuire alla luce del sole il suo giornale, Paya-e-Zan (Il Messaggio delle Donne). Gli edicolanti vengono minacciati di morte per il solo fatto di avere in deposito le nostre pubblicazioni; e i nostri sostenitori sono stati torturati e imprigionati per averle distribuite.

RAWA nacque nel '77 a Kabul come un'organizzazione politica e sociale indipendente che si proponeva di battersi per i diritti delle donne. Questa, dunque, è una lotta antica...

Sì. Il femminismo non ha bisogno di essere importato; è già profondamente radicato in Afghanistan. Ben prima che gli Stati Uniti bombardassero, delle organizzazioni progressiste locali stavano tentando di stabilire libertà, democrazia, laicità e diritti delle donne. Inoltre, i governi e i media occidentali avevano mostrato davvero poco interesse per la condizione delle donne afgane. Prima del settembre 2001, RAWA era riuscita a passare alcune riprese dell'esecuzione di Zarmeena a BBC, CNN, ABC e altre; e le fu risposto che erano troppo scioccanti per essere trasmesse. Allo stesso modo, alcune delle foto di RAWA che documentavano gli abusi dei Talebani sulle donne sono state utilizzate senza il nostro permesso. Furono riprodotte e gettate dagli aerei americani, mentre sorvolavano l'Afghanistan.

C'è qualcosa in particolare che desidera?

Sogno un futuro, nel quale le donne afgane possano parlare liberamente e decidere del proprio futuro.



[Home] [RAWA nei Media]