Carta.org, 20 settembre 2005



Intervista a Sohaila

Gabriella Gagliardo

Le elezioni del 18 settembre sono appena passate. Che giudizio date del clima elettorale?

Il clima è stato ogni giorno più violento e pericoloso. C'è stata una media di 10 morti al giorno, tra scontri armati e attentati mirati contro candidati che, in un certo territorio, potrebbero soffiare la vittoria agli uomini che rappresentano i gruppi integralisti. Rapimenti, aggressioni, minacce hanno indotto molte e molti a ritirare la propria candidatura, non c'è alcuna sicurezza. Pochi giorni fa, ad esempio, è stato ucciso un candidato nella provincia di Nemroz, nell'Afghanistan occidentale.

Come si è svolta la campagna delle vostre candidate?

Alcune donne di Rawa sono candidate, ma non possono dichiarare la propria appartenenza alla nostra organizzazione per ovvi motivi di sicurezza. Si presentano come indipendenti nelle liste di diversi partiti. Inoltre facciamo campagna anche per altre donne che ci sono vicine e per alcuni uomini democratici e antifondamentalisti. La gente a livello locale sa chi sono, li conosce per il lavoro costante. Noi non abbiamo soldi per pagare molti manifesti elettorali e per organizzare grandi comizi. La nostra campagna si svolge soprattutto attraverso la rete di relazioni creata nel lavoro di base: i corsi di alfabetizzazione e di artigianato, i centri sanitari, le attività di base con le donne più povere e analfabete. Sono loro la base elettorale su cui contiamo. Al di là dei risultati elettorali, a noi interessa che le donne acquistino maggiore coscienza dei propri diritti, riconoscano chi sono gli amici e chi i nemici, e sappiano scegliere.

I risultati si sapranno tra qualche settimana. Pensate di avere buone possibilità di eleggere le vostre candidate?

I candidati sostenuti dal governo e dai poteri locali, dai gruppi integralisti, hanno già posizioni di potere su cui appoggiarsi per imporre il proprio nome, hanno molti soldi, anche provenienti dal traffico di droga, e molte armi. Corrompono i più poveri pagando il loro voto con denaro o con cibo, oppure li minacciano. E' evidente che vincere per noi è molto difficile. Tuttavia molte donne sono andate a votare nelle precedenti elezioni presidenziali e noi crediamo che questa volta se ne aggiungeranno altre, perché ora è più facile registrarsi e ottenere il certificato elettorale. E la maggioranza degli afghani non ne può più di integralisti e di assassini al potere.

A questo proposito, negli ultimi mesi sono stati pubblicati diversi rapporti che denunciano apertamente i signori della guerra e i loro comandanti implicati in gravissimi crimini contro l'umanità: a luglio Blood-Stained Hands, di Human Rights Watch, ed anche un report di 180 pagine dell'Afghanistan Justice Project Casting Shadows: War Crimes and Crimes Against Humanity, 1978-2001 del 17 luglio scorso, che sarebbero sufficienti per incriminare numerosi esponenti dell'attuale governo di fronte a una corte internazionale. Anche l'Alta Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha consegnato a Karzai, nel gennaio scorso, un documento riservato sulle violazioni dei diritti umani tra il 1978 e il 2001, ed anche se non è mai stato reso pubblico, pare abbia provocato grande preoccupazione nelle alte sfere. Pensi che ora qualcosa si stia muovendo per risolvere il problema dell'impunità?

Pensiamo che queste inchieste siano di fondamentale importanza, e Rawa ha sempre cercato di documentare e rendere pubbliche le denunce, di testimoniare e rintracciare e proteggere altri testimoni. La condanna di Zardad da parte di un tribunale britannico è stata una prima vittoria. Ma anche questo fatto di importanza storica non ha ancora prodotto nessuna conseguenza visibile all'interno dell'Afghanistan. Vediamo che, malgrado questi documenti schiaccianti, è impossibile impedire ai comandanti notoriamente assassini, agli aguzzini agli ordini dei signori della guerra, di candidarsi alle elezioni e di usare tutto il loro potere per imporsi. Guarda cosa è successo con Ismail Khan, uno dei più sanguinari: Karzai lo ha rimosso dalla carica di governatore di Herat, ha dovuto farlo perché le proteste popolari erano incontenibili; e ora ce lo ritroviamo Ministro del suo governo, a Kabul, che si occupa di un bene essenziale come l'acqua.

Oltre agli scontri armati organizzati dai talebani, ci sono quindi proteste popolari di tutt'altra natura: puoi spiegarci meglio ad esempio cosa è successo nella provincia di Takhar?

In Takhar ci sono state forti proteste nelle strade, dal 29 maggio al 2 giugno scorso, in tre diversi distretti: Rostaq, Cha Ab, Dasht Qala. I dimostranti volevano cacciare il governatore della provincia, il capo della sicurezza e il responsabile per l'educazione. Questi tre uomini sono infatti in realtà dei signori della guerra, che opprimono la popolazione e si arricchiscono con il traffico di droga. Ci sono stati sia cortei di uomini che manifestazioni di donne. Infatti in quella provincia ci sono gruppi di donne ben organizzate, alcune istruite e molto attive, e sono riuscite a dirigere e gestire con le altre forze democratiche la rivolta popolare. Karzai ha dovuto accettare di ricevere una delegazione di manifestanti e ha promesso loro di rimuovere dall'incarico quei tre signori della guerra. Così le proteste si sono fermate. Però fino a questo momento Karzai non ha rispettato i suoi impegni e quei tre sono ancora al potere.

Come si svolge il lavoro di Rawa?

Rawa lavora soprattutto con le donne non istruite, per dare loro più forza e potere, perché abbiano più consapevolezza politica. Ma fa anche un lavoro sistematico con le studentesse, ad esempio nelle università di Kabul e di Herat. Alcune di noi studiano lì, conoscono una ad una le compagne e i compagni dei corsi, e cominciano a parlare a tu per tu. Cerchiamo di formare dei gruppi che poi si riuniscono nelle case per fare dei percorsi di formazione politica. Bisogna però stare molto attente: molti studenti appartengono a gruppi fondamentalisti, ed è rischioso esporsi. Ad esempio un anno e mezzo fa hanno ucciso uno studente. Noi abbiamo anche molti sostenitori maschi tra gli studenti. Infatti, mentre le scuole a tutti i livelli inferiori sono rigidamente separate in scuole maschili e scuole femminili, nelle università maschi e femmine si ritrovano ad assistere alle stesse lezioni, e almeno a Kabul si riesce a parlare anche con i maschi. Gli studenti che sono molto interessati alla politica, che vogliono sapere e partecipare, ora sono tanti. Con il rientro di centinaia di migliaia di profughi anche la popolazione studentesca è aumentata: l'anno scorso 25.000 studenti hanno fatto domanda di iscrizione all'Università, ma ne sono stati accettati solo 18.000 per mancanza di posti.

Il rientro dei profughi procede?

Il Pakistan sta forzando in ogni modo i profughi a tornare, con misure poliziesche. Molti campi profughi sono stati smantellati e rasi al suolo. La polizia infatti arresta i maschi delle famiglie e chiede loro moltissimi soldi per consentirgli di restare, così la gente cerca di sfuggire all'arresto e parte. I profughi sono infatti molto poveri e pagare è impossibile. Un insegnante di una scuola superiore di Rawa, ad esempio, è stato arrestato e ha dovuto pagare 25.000 rupie (circa 357 euro) per ottenere il permesso di restare. Lui guadagna circa 2.000 rupie al mese, ha pagato una cifra pari a circa lo stipendio di un intero anno di lavoro. Per farlo ha dovuto chiedere dei prestiti, indebitarsi. Rawa ha dovuto chiudere dei progetti in alcuni campi profughi, perché questi sono stati distrutti e la gente è fuggita.

Che fine hanno fatto questi profughi?

Poiché all'interno dell'Afghanistan non c'è sicurezza, non c'è lavoro, non c'è cibo, non c'è acqua potabile (solo il 5% di 25 milioni di abitanti hanno accesso sufficiente all'acqua), per molti è stato impossibile restare e sono tornati indietro. Ci sono quindi nuovi accampamenti ancora più poveri alla frontiera tra l'Afghanistan e il Pakistan, nei territori "terra di nessuno". Attualmente i profughi in Pakistan sono ancora circa due milioni.

Cosa chiedete alla comunità internazionale?

Abbiamo bisogno della gente, delle organizzazioni democratiche di tutto il mondo. Ci piacerebbe poter contare sulle Nazioni Unite, ma vediamo che non è così. Dobbiamo ancora costruire le nazioni unite dei popoli, non quelle dei governi. I governi, l'ONU, le istituzioni internazionali non sono dalla nostra parte: chiediamo quindi alle organizzazioni democratiche di fare pressione sui propri governi e sull'ONU per indurli a smetterla di appoggiare gli integralisti, e per portare i criminali di fronte a un tribunale perché siano processati.




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